Sotto casa, a Scanzano, nel vicolo Sorrentino, abitava Teresa ‘a lacertesa che di mestiere faceva la verduraia. Una volta a casa, accudiva quello che aveva e seduta davanti l’uscio nel sole o all’ombra, si divertiva un giorno con l’uncinetto e un altro con la maglia, un altro con altre attività che non ricordo. Mi sorprese l’anno in cui, avevo sei anni e la guerra era finita da qualche mese, si mise a decorare delle uova che poi reagalò ai bambini del vicolo.
Per pennino utilizzava la capocchia di uno spillo che era stato conficcato in uno stecco di legno. Lo intingeva in un vasetto metallico dove aveva posto della cera rossa a liquefare su un fornellino a spirito.
Rappresentava per lo più fiori che contornavano la scritta BUONA PASQUA a lerrere maiuscole, mentre riempiva gli spazi che restavano vuoti con dei segni che richiamavano le figure dei ricami che era solita realizzare. Li colorava con dell’anelina rossa dopo di che le immergeva in acqua calda che faceva sciogliere la cera lasciando intatte le scritte che la donna aveva praticate sul guscio.
La guardavo con ammirazione, anche se aveva un carattere alquanto irascibile. Non faceva una carezza a nessuno, ma quando si accorse di me incominciò a guardarmi con occhi più vivi e più curiosi quando le passavo vicino e la salutavo.
Cara Cinzia, come sempre i miei commenti sono animati dai ricordi, come potrebbe non esserlo.
Un grande saluto e un abbraccio. Ciao. Giò
Gioacchino Ruocco ha detto:
Sotto casa, a Scanzano, nel vicolo Sorrentino, abitava Teresa ‘a lacertesa che di mestiere faceva la verduraia. Una volta a casa, accudiva quello che aveva e seduta davanti l’uscio nel sole o all’ombra, si divertiva un giorno con l’uncinetto e un altro con la maglia, un altro con altre attività che non ricordo. Mi sorprese l’anno in cui, avevo sei anni e la guerra era finita da qualche mese, si mise a decorare delle uova che poi reagalò ai bambini del vicolo.
Per pennino utilizzava la capocchia di uno spillo che era stato conficcato in uno stecco di legno. Lo intingeva in un vasetto metallico dove aveva posto della cera rossa a liquefare su un fornellino a spirito.
Rappresentava per lo più fiori che contornavano la scritta BUONA PASQUA a lerrere maiuscole, mentre riempiva gli spazi che restavano vuoti con dei segni che richiamavano le figure dei ricami che era solita realizzare. Li colorava con dell’anelina rossa dopo di che le immergeva in acqua calda che faceva sciogliere la cera lasciando intatte le scritte che la donna aveva praticate sul guscio.
La guardavo con ammirazione, anche se aveva un carattere alquanto irascibile. Non faceva una carezza a nessuno, ma quando si accorse di me incominciò a guardarmi con occhi più vivi e più curiosi quando le passavo vicino e la salutavo.
Cara Cinzia, come sempre i miei commenti sono animati dai ricordi, come potrebbe non esserlo.
Un grande saluto e un abbraccio. Ciao. Giò